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www.casadeglialfieri.it Casa degli Alfieri
Universi sensibili di Antonio Catalano
Armadi Sensibili  
Le Lucciole batticuore  
Popoli  
Padiglioni delle meraviglie  
Sagra del meraviglioso mondo di Odisseo  
La bibbia dei semplici  
Io sono patrimonio dell'umanità  
Le cappelle dei meravigliati  
 
Cappella a Arzo  
Cappella a Zurigo  
Cappella a Parma  
Cappella a Guazzolo  
Presentazione di Marialisa Leone  
Presentazione di Don Vittorio Croce  
Presentazione di Lorenza Zambon  
Presentazione di Luciano Nattino  
Presentazione di Carlos Laredo  
Presentazione di Marco Bianchi  
Presentazione di Claudia Ponzone  
Grotte  
 
Altre opere  
Il viaggio degli universi  
La casa sensibile  
Spettacoli  
La giostra del tempo  
Cantico dei semi  
Carnevale  
La giostra delle meraviglie  
Le valigie dei fili invisibili  
Mondi Fragili  
Concerto fragile  
Idee sussurrate  
Casa degli alfieri  
Presentazione di Luciano Nattino
Catalano artista è spesso diviso a metà o, meglio, bivalente nella sua visione del mondo.
Da un lato c’è la sua incantata meraviglia per il colorato disordine cosmico.
Dall’altro affiora in lui, talvolta, la dolorosa constatazione della vita come illusione, dove la morte/notte è buia come la tana di una “vecchia marmotta”.
A volte emerge lo sguardo bambino che afferra le nuvole come sono, altre volte appare l’adulto che le organizza in racconto.
Anche le sue filastrocche, di cui riempie i quaderni, si muovono tra opposte rive, tra surrealtà immaginata e nostalgia del vissuto, tra descrizione e contemplazione, alternando nonsense e significati profondi, giochi di rime e neo parole.
Così, duplice e aperta ai contrari, è la sua “cappella dei meravigliati”, omaggiata a quel ragazzone di Giuliano che ci ha privato troppo presto delle sue doppie doti, di sorriso e malinconia.
Si scende nel basso di uno stanzone che, subito, ti incupisce con quella volta a mattoni, vera silente protagonista, di cui senti a pelle la presenza.
E hai un bel guardare le immagini di gioia, di festa, di fertilità che emergono dalle pareti. C’è sempre uno scontro con quell’arco inglobante, ingombrante, interrotto appena qui e là da alcune aperture. La stessa luce del giorno viene di traverso, discostata e scontante, a giocare anch’essa con l’ombra, coi misteri di quelle apparizioni. E’ come se il racconto ciclico di rinascita proposto da Catalano, coi suoi voli e le sue danze, fosse costantemente sotto controllo, sottoposto a quel cielo di mattoni presago di un destino tutto terrestre dell’uomo (di Catalano e di tutti noi).
Per questo la cappella è stata dipinta senza un chiaro filo narrante ma esclusivamente con il sapore della scoperta, del ritrovamento di segni sui muri e della loro trasformazione, a confermare la non linearità delle vicende umane, la frammentazione del loro percorso, tentando di scrollarsi di dosso l’impiccio preciso e pesante di quella volta.
Nelle lunghe pareti azzurro acquarello emergono cerchi e nuvole nere, figure seppia e marron che ti sembra d’aver abbozzato anche tu qualche volta sui banchi di scuola o sui tovaglioli di carta di un bar. Tratti d’infanzia o stilemi del Novecento? Soggetti predeterminati o casuali, decisi un istante prima, seguendo le linee del muro?
Appaiono sirene, divinità volanti, danzatori celesti, strani catalani animali ma fa anche capolino l’uomo, sempre senza viso e per lo più goffo, impacciato, un po’ mostro un po’ viandante.
E son fantastici racconti di comare luna, senza capo né coda: storie di naufragio, di esodo e di rinnovamento, di Dei capovolti, di uomini con uova e di uccelli che volano raso terra.
Non è la storia dell’Uomo ma quella di tanti uomini, di antenati e di fantasmi, di nonni e bambini a noi contemporanei. Un mondo pensato, sublimato, inscatolato, che crea energie sottotraccia, emozioni sotterranee, come sotterraneo è il locale che lo contiene. E alla fine del giro si ritorna alla festa generatrice d’inizio, la festa della porta d’ingresso e di uscita. Si esce e si ritrova la vita e la vite. La vita che non ci appartiene, che non assomiglia alle utopie di cui ci nutriamo e la vite di quei filari antichi di Guazzolo e del Monferrato, lei sì radicata, tenace, fertile di futuro.
credits diritti riservati © Antonio Catalano