CONTATTACI   • SPAZIO D'ARTE MAGOPOVERO   • PROSSIMI APPUNTAMENTI  
www.casadeglialfieri.it Casa degli Alfieri
Universi sensibili di Antonio Catalano
Armadi Sensibili  
Le Lucciole batticuore  
Popoli  
Padiglioni delle meraviglie  
Sagra del meraviglioso mondo di Odisseo  
La bibbia dei semplici  
Io sono patrimonio dell'umanità  
Le cappelle dei meravigliati  
 
Cappella a Arzo  
Cappella a Zurigo  
Cappella a Parma  
Cappella a Guazzolo  
Presentazione di Marialisa Leone  
Presentazione di Don Vittorio Croce  
Presentazione di Lorenza Zambon  
Presentazione di Luciano Nattino  
Presentazione di Carlos Laredo  
Presentazione di Marco Bianchi  
Presentazione di Claudia Ponzone  
Grotte  
 
Altre opere  
Il viaggio degli universi  
La casa sensibile  
Spettacoli  
La giostra del tempo  
Cantico dei semi  
Carnevale  
La giostra delle meraviglie  
Le valigie dei fili invisibili  
Mondi Fragili  
Concerto fragile  
Idee sussurrate  
Casa degli alfieri  
Presentazione di Marco Bianchi
Ogni volta che si è trovato di fronte al bisogno di tutelare il proprio patrimonio storico, l’uomo è intervenuto con scelte convinte e ragionate, trattando temi che si sviluppano nei termini usati, nei principi e nei concetti teorici che esprimono: affettività, analogicità, arte, completamento, conservazione, devozione, evocazione, filologia, funzione, funzionalità, idealismo, integrazione, linguaggio, monumento, opera, originalità, originarietà, poetica (anche del rudere), purismo, reintegrazione, restituzione, rifacimento, rinnovo, ripristino, salvaguardia, significato, stile, tempo, testimonianza, valore, … .
Uno strumento di tutela è il restauro, che per finalità ha la conservazione di una o più cose. A differenza del recupero, il restauro non prevede necessariamente l’uso dell’oggetto restaurato. Se ci si trova in una situazione in cui il tempo ha snaturato le qualità e le proprietà di un materiale e quest’ultimo si presenta deteriorato o incotto, nella logica della conservazione possono essere utilizzati materiali o prodotti contemporanei, frutto dell’evoluzione della ricerca chimica e tecnologica, in grado di interrompere o di contrastare l’azione del degrado. Tale modo di intervenire non ha controindicazioni per il restauro di oggetti artistici, ma può averne nel caso di restauro architettonico. Può succedere infatti, che nell’intento disperato di salvare resti di materiali, strati e pelli edili, si perda il ruolo filologicamente attivo del restauro: garantire il significato dell’opera e la sua continuità con il passato. Resine, colle, vernici, consolidanti, reagenti, devono quindi essere usati non solo in quanto capaci di contrastare l’azione del disfacimento della materia, ma in quanto la stabilizzano “a futura memoria”. Questo aspetto è fondamentale perché niente resiste al tempo se non la memoria, la salvezza della quale è ragione e condizione del restauro. Il fatto che normalmente sia proprio l’oggetto d’arte, quello che motiva il restauro, permette una riflessione anche sul suo significato dal punto di vista artistico. Per analogia di obiettivi, l’arte diventa strumento, mezzo e metodo di restauro e viceversa. Per avere valenza artistica, il restauro deve essere indissolubilmente legato all’arte. La novità, l’innovazione, il valore aggiunto non è da ricercarsi nelle tecnologie o nei materiali usati, anche, ma soprattutto nel sommare e nel trasmettere arte con l’arte. Stiamo parlando di arte figurativa: pittura, scultura, architettura.
Una delle ragioni migliori per motivare restauro è il museo. Un edificio di valore storico architettonico, già memoria di sé, restaurato diventa contenitore di altre opere, magari contemporanee. Oppure, al contrario, come per l’Ara Pacis a Roma, il restauro determina un nuovo edificio che ingloba quello storico: architettura contemporanea e arte romana. Quest’ultimo caso è quello che meglio rappresenta l’aggiunta della valenza artistica nel restauro, in quanto la dimensione dell’intervento contemporaneo è molto forte, così forte che alcuni, nonostante il principio analogico, la città trasformata, e l’indiscussa bravura di Richard Meier, lo hanno criticato. Si può pensare che l’ostilità verso il nuovo sia una conseguenza del cattivo modo di costruire dell’ultimo secolo, cosa che ha effettivamente determinato un danno alle città, al territorio ed al suo paesaggio, ma non è così. La coscienza di una mancata attenzione al paesaggio culturale non porta a combattere il nuovo, semmai finalmente ad aborrire alterazione, deturpamento, distruzione, estraneità, falsificazione, incongruità, mimetismo, perdita e rimozione della storia e soprattutto ipocrisia.
Il restauro è un insieme di attività e di logiche che concorrono alla formalizzazione di un progetto; l’intervento artistico contemporaneo è una di tali logiche: aggiunge un valore nuovo ad un altro antico. Guazzolo è un caso limite. L’immobile è un edificio nobiliare settecentesco, una architettura minore rispetto a quanto si può trovare in Piemonte, se si pensa solo alla Venaria Reale o al Castello di Rivoli, per rimanere in tema di restauri recenti. Per quanto piccolo tuttavia, l’edificio di Guazzolo è senz’altro una delle innumerevoli architetture diffuse nel territorio, che contribuisce alla ricchezza paesaggistico-ambientale del monferrato. Nata come residenza di campagna in un minuscolo centro urbano, ai tempi della sua edificazione, la villa aveva al suo intorno solo una cappella, oggi demolita e sostituita dalla chiesa e da alcuni edifici agricoli. Poco distante, un convento ha seguito lo stesso destino della villa e giace tuttora, purtroppo, in stato di abbandono.
Il 24 giugno 1896, come risulta da una targa affissa nel salone d’ingresso, Teresa Poggio, vedova ed unica proprietaria della villa, la dona “con pie e liete speranze” come sede per un asilo infantile dedicato “alla memoria ed al nome del consorte Cav. Giovanni Rossi-Querce”. L’asilo, che sarà gestito prima dalle Suore Cottolenghine e in seguito dall’amministrazione comunale, subentrata nella proprietà, continuerà a svolgere il suo compito fino al 1965, quando, per insufficienza di mezzi e di alunni, l’istituzione terminerà definitivamente la sua missione. Nei primi anni settanta del novecento, l’associazione bocciofila di Guazzolo, ottiene l’autorizzazione comunale ad utilizzare la cantina del corpo centrale della villa come bocciofila. La dimensione della cantina è tale che al suo interno vengono realizzati due campi regolamentari da bocce, che sono stati usati per oltre vent’anni. Verso la fine del secolo scorso, anche la funzione sportiva dell’edificio è venuta meno, vuoi per mancato ricambio generazionale che per il mutamento dei modelli, sia sportivi che di vita. L’immobile, per il quale l’amministrazione comunale non dispone di fondi per la manutenzione, subisce quindi un rapido degrado. Nel 2000, il comune di Castelletto Merli delibera la vendita dell’edificio: la casa ha tutti i serramenti distrutti, numerose infiltrazioni dai tetti, canali di gronda cadenti, intonaci staccati, colonizzazioni vegetali interne, pavimenti sollevati, e nell’ala accessoria, a seguito di cedimenti strutturali, coperture e volte crollate.
La nuova proprietà decide di tentare il recupero dell’immobile. La prima volta che Catalano ha visitato l’edificio non ha avuto bisogno di tante parole per rendersi disponibile a partecipare al progetto. Il problema, data la dimensione della casa, era dove intervenire. Ogni spazio dell’edificio si prestava, in quella fase di recupero, adatto ad un intervento di tipo artistico.
Uno degli obiettivi previsti era quello di conservare quel senso di pacatezza che si percepiva sia dal guardare i suoi intonaci (quello che ne restava), interamente decorati con marmi dipinti, pietre, soggetti floreali, paesaggi, animali, amorini, sia nel saperla destinata ai bambini. Tale ultima scelta ha consentito per anni, ma sicuramente la volontà avrebbe voluto per più tempo ancora, che tra le mura della villa regnassero allegria, gioia, felicità, stupore e meraviglia.
La sala del primo piano, quella più rappresentativa della villa, con il balcone sul giardino e alcuni dipinti a soffitto, sembrava particolarmente adatta ad accogliere un intervento di Catalano. In passato, all’epoca dell’asilo, la sala era stata trasformata in cappella per le preghiere dei bambini e un piccolo e sgangherato altare in legno era ancora appoggiato al muro. Catalano ha cominciato ad ipotizzare la possibilità di realizzare effettivamente una cappella dei meravigliati a Guazzolo. Pochi giorni dopo ha confermato che la cappella si sarebbe fatta, ma non nella sala del primo piano, bensì nella vecchia bocciofila.
Lo stato di conservazione della cantina principale non era pessimo. I danni maggiori erano stati causati dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dai serramenti, come la maggior parte degli altri totalmente privi di vetri; nelle parti slavate, gli intonaci interni si erano rigonfiati e staccati. Trattandosi di cantina per tre quarti sotto il livello del suolo, inoltre, presentava i segni di altre infiltrazioni, puntiformi, causate più dall’umidità che non direttamente dall’acqua. Queste infiltrazioni, senz’altro di vecchia data, avevano determinato una serie di rappezzi, realizzati in tempi diversi, che, per quanto poco curati dal punto di vista della finitura, si sono rivelati utili alla necessità, integrandosi e stabilizzando il vecchio intonaco. Solo gli interventi più recenti, effettuati con malte cementizie inadatte, si erano staccati.
Per ripristinare la cantina era necessario chiuderla, lavorare sugli intonaci e attivare un sistema di controllo dell’umidità. Restaurati i serramenti e completati con nuovi vetri, si è preso in considerazione il modo di agire sugli intonaci. L’idea di sostituire completamente questi ultimi è stata scartata a priori. Catalano inoltre, era molto interessato alla superficie esistente del vecchio intonaco, sia per la sua matericità che per i colori regalati dal tempo. Si sono pertanto eliminati solo i rappezzi in cemento e le parti staccate o inconsistenti, trattate adeguatamente le superfici di aggrappaggio e ripristinati i vuoti con un nuovo intonaco a base di calce, compatibile con quello preesistente e adatto al tipo di situazione. Nel periodo di attesa di asciugatura, Catalano è tornato più volte, da solo e con Maurizio Agostinetto, per fotografare lo stato finale degli intonaci, specchiatura per specchiatura. A luglio del 2007 sono iniziati i suoi lavori. Il trattamento di consolidamento delle superfici, come si era stabilito in precedenza, si è effettuato contemporaneamente all’intervento di Catalano che ha dipinto praticamente “a fresco” sulle murature, trattate a rifiuto con il prodotto consolidante, mescolando a quest’ultimo le tinte.
Catalano è intervenuto in modo delicato con i colori, lavorando in negativo. Le figure sono il vecchio intonaco, rimasto intatto, ridefinito da segni leggeri e raccontato dal tempo. Questo modo di operare, lasciando leggibile l’intonaco, permette sue eventuali successive cure senza pregiudicare l’intervento artistico, anzi, la trasformazione, il mutamento e il cambiamento lo renderebbero, a detta di Catalano, ancora più vivo, diventando anch’essi parti del racconto.
Catalano ha lavorato con un ritmo rapido e deciso secondo uno studio preparatorio dell’opera, il cui tema gli era stato lasciato completamente libero; nessuno, se non lui (e forse neppure lui ne aveva piena consapevolezza all’inizio), era a conoscenza di quello che si sarebbe effettivamente visto una volta ultimati i dipinti.
Durante la realizzazione della cappella, Catalano ha raccontato che una volta, guardando alcuni suoi lavori, un tale ebbe a dire che il suo modo di dipingere era infantile, facile, che chiunque avrebbe potuto fare lo stesso. Era completamente d’accordo con quel tale: confermava non solo che quanto faceva è facile, ma anche veloce, divertente ed appagante; si stupiva solo del fatto che, nonostante la facilità e gli innumerevoli aspetti positivi, né quel tale né molti altri dipingessero.
La valutazione della forma artistica è un’azione complessa e non riguarda solo l’immagine; ci sono valenze, oltre che nei contenuti, anche nell’uso e nella funzione dell’opera. Questo è il senso dell’arte nel restauro: dare un significato nuovo, non all’opera restaurata in sé, ma al luogo dell’opera. Sembrerebbe una contraddizione con quanto è stato affermato più sopra circa la differenza tra restauro e recupero ma non è così. Interventi artistici contemporanei sono adatti sia in caso di recupero che di riuso. Se si desse spazio ad artisti contemporanei di intervenire in opere di restauro, anche molto importanti, il risultato sarebbe ancora più affascinante, più interessante, più aperto alla novità e di maggiore richiamo, locale e internazionale.
Per quanto riguarda Guazzolo, quello che ci si può augurare, è che il metodo passi.
Il lavoro di Catalano ha dato un forte impulso in positivo al recupero della villa determinando possibili nuovi utilizzi della stessa, rispetto ad usi culturali o turistico culturali. La cappella dei meravigliati di Guazzolo, sino dalla fase della sua realizzazione, è stata oggetto di molte curiosità e richieste di visita. Se un metodo analogo venisse applicato normalmente dalle pubbliche amministrazioni, sarebbe un modo almeno per provare a contrastare l’avvilente prassi, ormai riconosciuta per legge, di svendere (sic), nell’ottica di “tagliare i rami secchi”, parte del patrimonio storico architettonico pubblico. Sarebbe anche un modo per provare, se è vero che i proventi di tali vendite devono essere destinati allo sviluppo dell’arte, che tale sviluppo è inteso anche come crescita, aumento, ampliamento e non solo come mera conservazione. L’importanza della nostra storia dell’arte non è unicamente negli oggetti artistici prodotti nei secoli, ma nel fatto che l’arte ha sempre rappresentato un fenomeno culturale nascente, l’espressione di una cultura in evoluzione, una contemporaneità capace di cambiare in meglio sé stessa e il mondo che la circonda.
credits diritti riservati © Antonio Catalano